Omelia per la celebrazione di ringraziamento per il dono del Diaconato di Don Paolo Garotti

Carissimi fratelli e sorelle, siamo oggi riuniti attorno alla tavola della Parola e del Pane di vita eterna per vivere insieme questo momento di grazia e di gioia.

Carissimo Paolo, la tua ordinazione diaconale è un dono per tutta la Chiesa, e in particolare per la nostra comunità e la nostra Diocesi. Il diaconato è servizio: servizio al Signore, nella Chiesa, per il mondo. È una chiamata a vivere non per sé stessi, ma per gli altri; non per essere serviti, ma per servire. In un tempo in cui il potere spesso si manifesta come dominio, il diacono è segno di una logica diversa: quella del Vangelo, che si esprime nell’umiltà, nella prossimità, nella cura.

La prima lettura, dagli Atti degli Apostoli (12,1-11), ci presenta Pietro in catene, imprigionato da Erode. Ma proprio lì, nel buio del carcere, si manifesta la potenza liberatrice di Dio. Pietro non si libera da solo: è l’angelo del Signore che lo sveglia, lo guida, lo conduce fuori. Il diacono è chiamato a vivere questa stessa fiducia: non è lui il protagonista, ma Dio che agisce attraverso la sua disponibilità. Il diacono è colui che, come Pietro, si lascia condurre, si lascia svegliare, si lascia liberare per diventare strumento di liberazione per gli altri.

San Paolo, nella seconda lettera a Timoteo (4,6-8.17-18), ci consegna il testamento spirituale di un uomo che ha donato sé stesso senza riserve: «Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede.» È la voce di chi ha vissuto il ministero non come un compito da svolgere, ma come un’offerta totale, un dono d’amore.

Il diacono è chiamato a questa stessa perseveranza, a una fedeltà che non si misura sul metro del successo, ma su quello della coerenza e del cuore. Paolo non si gloria delle sue opere, ma della forza che il Signore gli ha donato: «Il Signore mi è stato vicino e mi ha dato forza.»

E anche tu, Paolo, porti questo nome non per caso: in esso risuona una chiamata, una promessa, una missione. Sii forte nella tua debolezza, costante nella prova, umile nel servire. La tua fedeltà sarà il segno più eloquente della tua vocazione.

Nel Vangelo di Matteo (16,13-19), Gesù interroga i suoi discepoli: “Ma voi, chi dite che io sia?” È la domanda decisiva, quella che ogni discepolo deve affrontare. Pietro risponde con fede: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente.” E Gesù gli affida la Chiesa. Ma prima di affidargli le chiavi, lo chiama “beato” perché ha accolto una rivelazione che non viene dalla carne, ma dal Padre. Il diacono è chiamato a vivere questa beatitudine: non è il sapere umano, non è la strategia, ma la rivelazione del Padre che guida il suo servizio. E su questa fede, su questa roccia, si edifica la Chiesa.

Caro Paolo, oggi il tuo nome si intreccia con quello di Pietro e Paolo. Due colonne, due storie diverse, ma un’unica fede. Come loro, anche tu sei chiamato a servire con coraggio, a testimoniare con umiltà, a edificare con amore. Il tuo diaconato sia radicato nella Parola, nutrito dall’Eucaristia, vissuto nella carità.

Il diacono è orecchie che ascoltano il grido dei poveri e il silenzio dei cuori. È bocca che annuncia la Parola con verità e dolcezza. È mani che servono, che si sporcano, che accarezzano e sollevano. Il diacono è ponte tra la Parola e la carità, tra l’altare e la strada, tra il mistero celebrato e la vita quotidiana. È colui che tiene insieme il cielo e la terra, che rende visibile l’amore invisibile di Dio.

E se cerchiamo un modello perfetto di questo servizio, lo troviamo in Maria. Lei, la serva del Signore, ha ascoltato, ha accolto, ha servito. Ha detto “sì” senza riserve, ha portato Cristo nel mondo con discrezione e forza. Maria è la prima discepola, la prima missionaria, la prima diacona nel cuore. A lei affidiamo il tuo ministero, perché ti accompagni con la sua tenerezza e ti custodisca con la sua intercessione.

Sorelle e fratelli, siamo servi gli uni degli altri e diventeremo amici, come Gesù chiama i discepoli. È nell’umiltà del servizio che si diventa amici. Perché servire è ascoltare, è sedersi con gli altri, è chinarsi sulle loro fatiche, è prendersi cura delle loro ferite. La tavola dell’Eucaristia e la proclamazione del Vangelo siano per te, Paolo, il luogo in cui nutri il tuo ministero per crescere in quella grandezza che ti farà servo, per condividere con la nostra comunità e la Diocesi la gioia di essere parte di un popolo che desidera costruire un mondo fraterno, libero da inutili e sciocchi primati.

Chiediamo allora al Signore di farci tutti servi gli uni degli altri, per crescere in sapienza e grazia, e per camminare insieme verso il Regno, dove il più grande è colui che serve. Amen.

Frattamaggiore, 29 giugno 2025

Solennità degli Apostoli Pietro e Paolo

Don Giosuè

Auguri per un fecondo ministero diaconale!

Buona strada!

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